Nono si batte la Roma di coppa, non la batte mai il Feyenoord (e quando lo fa, come l’anno scorso, poi se ne pente al ritorno), e non la batte stavolta nonostante il cambio in panchina che ha portato la squadra a giocare di più il pallone, a cercare il dominio del gioco, ad attaccare senza mai far mancare la spinta se non nel solito momento di vuoto all’inizio del secondo tempo e poi alla fine, con l’inevitabile forcing finale degli olandesi. Al de Kuip il primo tempo del playoff di Europa League che dovrà portare una tra Roma e Feyenoord agli ottavi finisce in parità con le reti di Paixao prima dell’intervallo (che la squadra giallorossa aveva gestito con un’autorevolezza da grande squadra) e il pareggio di Lukaku a metà del secondo tempo, quando i padroni di casa pensavano di poter portare a casa il risultato pieno. Niente da fare perché questa Roma è ormai di bosco e di riviera, sa attaccare e sa anche difendersi (soprattutto se i suoi uomini non si addormentano in area proprio quando dovrebbero innalzare il livello dell’attenzione nelle marcature), e alterna le due qualità con buona disinvoltura.