È finita così com’era inevitabile che finisse, con i fischi (a Lukaku) diventati applausi (a Thuram), dopo una partita giocata dalla Roma con un’unica prospettiva, quella della difesa a oltranza, e l’Inter che alla fine l’ha portata a casa proprio con l’uomo che ha preso il posto del fischiatissimo e indimenticato eroe, quel diavolo di Marcus Thuram, figlio d’arte di Lilian, pizzicato in tribuna ad esultare in maniera anche piuttosto contenuta mentre intorno a lui San Siro impazziva per lo scampato pericolo e il ritrovato primo posto in classifica.
Perché più passava il tempo, più saliva la frustrazione per quel gol che non arrivava e più tutti temevano la beffa, magari proprio il gol di Lukaku nell’unica palla giocabile. E invece alla fine è finita come il campo ha sentenziato, giusto premio alla forza dell’Inter dominante, giusta punizione per il profilo troppo basso della Roma ancorché falcidiata dagli infortuni. Covando magari il desiderio di affrontarli nel ritorno noi con la formazione al completo (magari senza un paio di riserve, l’equivalente dei loro Cuadrado e Arnautovic) e loro senza sette titolari e con l’intera spina dorsale della squadra bloccata in infermeria. Ora la Roma deve ripartire dal Lecce, sfruttando la settimana di tempo utile per recuperare tutti quelli che è possibile recuperare, e puntando al quarto posto, ora un po’ più lontano e ancora in attesa del completamento del turno con la sfida di stasera tra Lazio e Fiorentina.