Finisce in trionfo non per i tre punti in sé, ma per quanto era grosso l’incubo che si era materializzato dopo 90 minuti di errori e sbattimenti, ma non si può mai sottovalutare il cuore della Roma, sotto di un gol e con la terra ormai sfarinata sotto ai piedi: e invece al minuto 90 e secondi 58 una capocciata di Azmoun e al minuto 93 e secondi 16 una zampata di Lukaku hanno ribaltato il risultato, dalla sconfitta si è passati prima al pareggio e poi addirittura alla vittoria che ha portato la squadra giallorossa a rosicchiare tre punti a Lazio, Atalanta, Milan e Fiorentina e a riavvicinare a quattro punti l’agognato quarto posto della classifica.
«È stata la connessione con l’Olimpico», ha detto alla fine Mourinho, stravolto anche lui per la felicità di un successo insperato, il secondo consecutivo all’Olimpico nei minuti di recupero dopo l’1-0 al Monza di due settimane fa. Alzando il punto di vista, nelle ultime 11 partite (escludendo dunque le prime 3 che la Roma ha disputato senza avere ancora la rosa completata) la squadra giallorossa ne ha perse solo due (quella, inevitabile, con l’Inter e il buco nero di Marassi col Genoa), ne ha pareggiata una a Torino (che vinceva all’85’) e ne ha vinte otto. Poi si potrà discutere del gioco e delle reti arrivate a tempo scaduto, degli errori e delle omissioni, degli infortunati e dei recuperati, ma è un fatto che al risultato in un modo o nell’altro anche quest’anno la Roma dimostra di saperci arrivare. È un merito e si deve essenzialmente a Mourinho.