Impossibile spiegare i sentimenti. Ci hanno provato artisti di ogni epoca e genere. Ma chi ammira le loro opere può soltanto interpretare. Forse per questo la Roma è uno di quegli amori che bisogna vivere. Tutti i giorni, tutto il giorno, come richiede ogni amore puro. Non c’è afa che tenga. O vacanze, o mare, o traffico. Calendari e orologi diventano orpelli, le distanze si annullano. Non c’è posto per la geografia delle scuse, semplicemente perché non trova posto alcuna scusa. L’unica vera corsa è alla presenza, in un modo e in un mondo che appaiono capovolti soltanto agli scettici e agli agnostici, a quelli che «in fondo è solo un gioco», agli architetti delle scale di valori che «chi te la fa fare», ai professori di etica che «voi siete matti». Ma se chi ha elogiato la follia veniva da Rotterdam, pensa quanto può volare chi Rotterdam l’ha portata ripetutamente sulla terra…
La sera che porta al 22 luglio 2024 si colloca nel solco delle altre. Eppure tanto è uguale, quanto diversa. Un rito laico che si ripete variando percorsi e persone. Incrocio di generazioni. Figli a cavallo di padri a braccetto con nonni. Amici che condividono spazi, respiri, passione. Fidanzati e sposi che sublimano la propria unione in quella di popolo. Tre ore prima della mezzanotte il piazzale antistante la scalinata del Campidoglio già straripa di gente. I cori arrivano ben oltre l’Aracoeli e scuotono il cielo stesso. Bandiere e torce lo illuminano. Non serve nemmeno più il tam-tam dei messaggi. Tutti sanno dove e quando è prevista la festa. Si respira nell’aria, dal Centro storico a Testaccio, dove il Roma club di quartiere ha aperto le danze già nel tardo pomeriggio: intonando canzoni romane, cori per la squadra, l’inno, offrendo da mangiare e indirizzando poi i presenti verso Campo Testaccio, dove campeggia uno striscione: «All’ombra dei sette colli vive la nostra passione. Auguri AS Roma, nostro unico amore».
Un tratto relativamente breve di Lungotevere più in là, aumenta la folla. Il giallo e il rosso si staglia sull’Altare della Patria, donando colore al marmo e accendendo la notte. Tre, quattro, cinquemila: impossibile contare i presenti quando parte il corteo verso via del Corso e si dipana per le anguste stradine che da via di Pietra portano verso via Uffici del Vicario, dove tutto è cominciato 97 anni fa. In testa al gruppo ci sono i ragazzi della Curva con uno striscione che è una vera e propria dichiarazione: «Non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te». La maglia dell’eroe del derby Mancini è fra le più gettonate. Non c’è metro di strada che non diventi una piccola fetta di Sud, fra torce e fumogeni, in mano anche ai più piccoli. Ogni età è rappresentata, come si conviene a una festa di popolo.
La notte del 22 luglio Roma sta sfoderando il suo profilo migliore. Non ha bisogno di trucco. Ancora meno d’inganno. Avvolge anche senza la brezza leggera che generalmente dà respiro all’afa diurna. La notte del 22 luglio è una di quelle notti che questa città regala incantando. Chi è appena rientrato ha sentito la calamita richiamare fuori. «Dai, usciamo. E non per locali. E non per feste. E chissenefrega che il week end è finito e si fa tardi e domani c’è da lavorare».Per seguire le sagome dei tetti. Per respirare l’aria estiva. Per farsi rapire dalle lune specchiate. Per immortalare con gli sguardi quelli increduli dei turisti. Da soli o in compagnia. Passeggiando e correndo, cantando e saltando sotto la Storia che osserva placida. Ubriacandosi. Non solo di alcol. Mettendo da parte i veleni e gli stress quotidiani, facendo il pieno di bellezza e arte. Necessario uscire e vivere. Il sentimento, la passione, la città. Roma e la Roma, che poi sono una cosa sola da 97 anni e anche prima.
Ogni tanto ci vuole. È nutrimento per l’anima.
Fonte Il Romanista